Teatro

Special Fringe: Ritorna ad emozionare il genio teatrale di Edmund Kean

Special Fringe: Ritorna ad emozionare il genio teatrale di Edmund Kean

Raccontare, da attore, la vita di un altro attore entrato nella leggenda, quale fu Edmund Kean, non è impresa facile. Ricordiamo che già nel 1955 il nostro Vittorio Gassmann portò in scena un adattamento del romanzo di Alexandre Dumas “Kean, genio e sregolatezza” riportando uno straordinario successo cui seguì una versione su celluloide che segnò il debutto come regista cinematografico di Francesco Rosi, ma l’attore britannico Alister O’Loughlin, sfida ulteriormente questa difficoltà realizzando addirittura una trilogia dal titolo “The Tragedian” dedicata al grande collega, utilizzando l’ancor più insidiosa forma del monologo. Dopo aver felicemente girato per i principali festival britannici, riportando ovunque successi e raccogliendo lusinghieri riconoscimenti, arriva al Fringe del Napoli Teatro Festival Italia il primo episodio di questa trilogia, “The rise to fame of Edmund Kean”, in cui, per l’appunto, si racconta la gioventù e gli avventurosi inizi di colui che trasformò l’arte attoriale, dando inizio ad una nuova era del teatro. Diciamo subito che lo spettacolo soffre, per una piena comprensione da parte di tutto il pubblico, dell’assenza di sovrattitoli in italiano, ma, nonostante le difficoltà di tipo linguistico, che in Italia, contrariamente al resto d’Europa, sono ancora, purtroppo, più che presenti, la grande interpretazione del bravissimo O’Loughlin riesce a rendere fruibile uno dei migliori spettacoli visti finora al festival. O’Loughlin coinvolge il pubblico nel suo gioco teatrale con grande maestria, risolvendo col gesto e la sua capacità affabulatoria i momenti in cui l’incomprensibilità linguistica parrebbe più insidiosa. L'infanzia di figlio illegittimo, la sua propensione a bere, il suo carattere complesso, i suoi rapporti con la moglie Mary, vengono resi in maniera ironica ed impeccabile, con una eleganza non facilmente riscontrabile nell’attorialità contemporanea. O’Loughlin appare come un vero virtuoso della scena, non risparmiandosi in esibizioni atletiche, raccontandoci l’esperienza circense di Kean,i suoi inizi difficili, il suo inseguire il vero successo anche attraverso esperienze apparentemente a lui non congeniali, il rapporto conflittuale con re Giorgio III, fino ad approdare al momento che cambiò la vita dell’attore e la storia del teatro occidentale: la sua interpretazione, il 26 gennaio 1814, di Schylock ne “Il Mercante di Venezia” di Shakespeare. “Io non interpreto il giudeo, io sono Shylock”, con queste parole Edmund accettò la sfida di sostituire John Philp Kemble, e la sua interpretazione realistica del personaggio risultò assolutamente rivoluzionaria e da lì nacque il mito. La pièce di O’Loughlin termina proprio con il famoso monologo di Schylock sul pregiudizio razziale, lasciando anche al pubblico contemporaneo il brivido provato due secoli fa da coloro che assisterono all’esibizione di Kean, che è il brivido che si prova quando ci si trova al cospetto con la vera arte.